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FINALE DI PARTITA di Samuel Beckett

(ph. Manuela Giusto)

Dal 1 al 30 novembre 2019  è stato in scena al Teatro Biondo di Palermo “Finale di partita”di Samuel Beckett per la regia di Andrea Baracco con il grande Glauco Mauri  nel ruolo di Hamm e l’ottimo Roberto Sturno in quello di Clov. L’opera è stata rappresentata per la prima volta al Royal Court Theatre di Londra nel 1957 e subito considerata  un classico del teatro contemporaneo. Il Nobel del ’69 sancisce la grandezza di S. Beckett con la motivazione : «per la sua scrittura, che – nelle nuove forme per il romanzo ed il dramma – nell’abbandono dell’uomo moderno acquista la sua altezza». Il dramma è un atto unico, concentrazione  questa  che permette  di cogliere l’essenza della condizione esistenziale dei personaggi; è privo di qualsiasi verosimiglianza, intriso del senso dell’incomunicabilità tra gli individui e della sospensione di ogni possibile giudizio di senso. hamm: Non può darsi che noi… che noi… si abbia un qualche significato? clov: Un significato ! Noi un significato! (Breve risata) Ah, questa è buona! In questa battuta  si coglie che il dramma non ha più possibilità di compiersi e diventa farsa.  La scena è ambientata in una stanza senza mobili, con due finestrelle laterali ed alte,  illuminata da una luce grigiastra, dove al centro siede su una sedia a rotelle il cieco Hamm, mentre Clov vi si muove senza sosta e scopo, ma non può mai sedersi. I due dipendono l’uno dall’altro, Clov dà da mangiare a Hamm, che però tiene le chiavi della dispensa.  In due gabbie/ contenitori della spazzatura  stanno i genitori di Hamm, Nagg e Nell, senza gambe, interpretati da Marco Bianchi e Marcella Favilla. Le scene e i costumi di Marta Crisolini Malatesta e le musiche  di Giacomo Vezzani completano con coerenza semantica la messinscena. L’opera riflette il senso di devastazione seguito alla Seconda Guerra mondiale  e la conseguente impossibilità di rappresentare ancora una trama.  “ Il non significare nulla diventa l’unico significato possibile “ ha notato Theodor Adorno. Lo stesso Beckett ha  spiegato: “Hamm è il re in questa partita a scacchi persa fin dall’inizio. Nel finale fa delle mosse senza senso che soltanto un cattivo giocatore farebbe. Un bravo giocatore avrebbe già rinunciato da tempo. Sta soltanto cercando di rinviare la fine inevitabile”. A questo si intreccia il tema della perdita di Dio, evidenziata quando Hammet impone di pregare : “Padre nostro…” e poiché il Padre non risponde commenta : “Che carogna! Non esiste “. Opera indubbiamente coltissima  Finale di partita, assimila e rielabora  molti autori europei da Shakespeare a Kafka, andando oltre le soluzioni da loro ricercate  per dare una risposta al disagio esistenziale.   Col bisturi di un linguaggio scarno e neutro Beckett scarnifica il personaggio, mettendo a nudo l’inutile, contraddittorio travaglio di trovare un senso alla vita umana.  Il pubblico ha applaudito con convinzione.(Gabriella Maggio)

 

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