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GLI ORIZZONTI COSMICI DI GIACOMO FAILLA

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Ancora una volta Palermo ospita una mostra dell’artista catanese Giacomo Failla, fortemente voluta dall’artista che ha ormai un legame con questa città consolidato. Il desiderio di essere presente in una realtà cittadina animata da fermenti culturali che si impongono non solo nella realtà regionale ma anche con riconoscimenti al di là “del faro”,  è, e rimane stimolante alla sua creatività . Il sito della mostra, in particolare, che l’artista per una sua percezione intimista, come luogo di un immaginario che definirei extrasensoriale, ha voluto fermamente occupato con il suo lavoro, ideando da subito alla prima visita, ciò che in un unicum avrebbe voluto creare per quel luogo. Un energia creativa la sua, che non ha confini ne limiti , un evoluzione che sovrasta la sua stessa cosciente volontà creativa, intrisa di emozioni, ora da ripensamenti ora da riflessioni, ma tutte matrice di una autentica creatività singolare quanto lo sono le sue poetiche ispiratrici. Come altre volte osservato  nelle sue opere non si prefigura mai il limite che separa l’astrazione poetica dalla composizione pittorica, così come la luce nella sua pittura nasce dalla sapiente stesura del colore in contrapposizione, alla maniera dei grandi maestri, ma con significati differenti, perché diversa  e’ la visone della realtà che rappresenta, e nella fatti specie,  quella interiore dell’artista e della sua anima. L’emotività espressiva  non può essere separata dal colore nella poetica di Giacomo Failla, perché li risiede tutta la forza della sua creatività, comunque e dovunque  si propone. Failla non è l’artista delle penombre come non è artista figurativo in senso lato, la sua luce e il suo tratto sono espressione di un figurativo ancestrale così come la luce e’ dell’anima che non ha ombre . In questa nuova mostra palermitana che avrà un seguito nella successiva a Norimberga il prossimo 8 maggio, l’artista vuole ulteriormente stupire con una riflessione ed una riproposizione dei  suoi legami indiscussi con l’arte americana, un omaggio alla pop art, unica come unico e’ il suo modo di rielaborare  consapevole della sua matura esperienza artistica e della  sua sfera emotiva, come chi con umiltà si accinge ad affrontare  un tema impegnativo perché intriso di sacralità un mito quasi. Il titolo stesso hologram, è consapevolezza della azione diretta tra figurazione e materializzazione del pensiero così come si forma nella nostra mente, ed è proprio l’artista che manifesta apertamente questa sua volontà di agire secondo schemi che non hanno altro significato che quello di una trasposizione tra il reale e l’immaginario in un continuo dualismo che dimezza o amplifica la visione. Righe orizzontali o verticali, fluorescenze che sanno di dualismo cromatico, come in certa pubblicità in cui si vuole comunicare più cose in contemporaneo a seconda dell’angolazione della visuale. Così l’artista vuol significare il proprio tempo e il proprio esserci inscindibile, seppur vivo e chiaro il riferimento  alla pop art. Grande è  l’impatto emotivo che lascia il segno, e lo lascia con convinzione proprio nell’aspetto formale perché ciò che vuol essere non è , e ciò che  è  immaginario si concretizza per quella parte che appartiene a ciascuno di noi. La forza espressiva sta proprio nella purezza della tematica, che attrae per l’immediatezza e la comprensione del discorso, ma è l’esca che nasconde una valenza di significati più ampia di quanto appaiano e che vanno oltre il semplice omaggio alla pop art. Artista totale Giacomo Failla, anche questa volta non smentisce la sua natura, la sua essenza, la sua cosciente immaginaria presenza,  in una dimensione più matura, nella sua esuberanza, travalica sempre i limiti della tela indagando dentro e fuori lo spazio al di là di una lineare astrazione, a contendersi lo spazio della visione vi è tutto un costruito che lo riconduce alla sua vera essenza, ciò che lascia vibrare attraverso l’emotività del tratto e l’irruente prevalenza del colore. L’immaginazione certo non manca, e qui si percepisce tutto il senso del suo credo, una visione che vuole percorrere nuovi strati siderali, come se la terra non bastasse più a contenere il suo pensiero. Una ricerca di nuovi spazi incontenibili di tutto il suo immaginifico, spessori sconosciuti in cui l’avventura prosegue, la sua di avventura, che cerca altri spazi non più terranei. Altri cosmi altri pianeti in un universo fantastico fatto di astronavi ancestrali che risalgono alla notte dei tempi, ma che si concretizzano in forme immaginarie, in geometrie del nostro costruito come città del pensiero o trame sconosciute aperte alla scoperta. Finito di indagare tutto ciò che è terreno, Giacomo Failla non smette il suo percorso e va oltre meravigliandosi e meravigliando ancora, non vuole essere solo essenza del suo essere terrestre ma valicare i confini del fantascientifico con il piglio di una nuova consapevolezza che va ricercato fin dall’origine del tempo, nell’antico testamento e nelle antiche religioni, intrisa com’è  di misticismo.

Incanta la sua semplicità quasi a rassicurarci di un prosieguo dell’esistenza, certamente non terranea ma in altri mondi, in altre atmosfere, in altre forme, quali non importa sapere, esse sono e basta, lo confermano le astrazione di queste Merkaba, che sono astratte incompiute ma esistenti come è giusto che siano. Vuole questo essere un messaggio di speranza? L’esistenza di un dopo sconosciuto che ci incoraggi nel cammino di una vita senza fine con orizzonti illimitati? Quale che sia, ciò  che Giacomo Failla ci indica è forse  l’orizzonte immaginifico della sua creatività, il suo credo, ma anche il nostro sperare.

Giacomo Fanale

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