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IL SILENZIO Romanzo di Don De Lillo ed. Einaudi

Il silenzio, che dà il titolo all’opera,  è generato da un improvviso blackout, di cui si ignora l’estensione e la gravità. Il buio dei computer, degli iphone, e di tutti gli strumenti tecnologici di cui ci serviamo costantemente  genera panico e svela in modo impietoso la nostra fragilità e la nostra dipendenza dalla tecnologia. Nel momento in cui essa  viene a mancare non abbiamo risorse per reagire e gestire la nostra vita. Don De Lillo rende con efficace realismo la situazione di buio e silenzio attraverso l’agire di cinque personaggi della classe media americana, che dovevano riunirsi per assistere alla telecronaca  del Super Bowl . Non ostante il blackout e l’atterraggio di fortuna Tessa e Jim riescono a giungere a piedi a casa di Diane e Max, dove trovano anche  Martin. Alla luce precaria delle candele ciascuno dice la prima cosa che gli passa per la testa senza preoccuparsi di un minimo di coerenza e di senso della realtà, come se avesse una crisi d’identità. Max infatti mima la telecronaca di una partita, Martin, studioso di Einstein, parla tedesco imitando lo scienziato. Diane cita Finnegans Wake di  James Joyce forse per alludere alla notte di silenzio che li avvolge,  insinuando l’ipotesi che si possa  trattare di un sogno. La   situazione è angosciante,  ma secondo lo scrittore  non priva di una via di scampo:   mantenere il senso di sé, della memoria, del proprio corpo, dei rapporti affettivi. È Tessa il personaggio positivo del romanzo che alla fine dice che  bisogna «tendere alle cose fisiche più semplici. Toccare, percepire, mordere, masticare. Il corpo alla fine fa di testa sua». Per quanto Tessa sia  come tutti gli altri «tossicodipendenti digitali» mostra di avere ancora delle risorse personali che la spingono a sollecitare la memoria e la fantasia. Scrive poesie, annota su quadernini,  dettagli precisi  per  salvare il tempo vissuto, pur sapendo che rileggendo le sue note  le apparirà morto. Ne è consapevole, ma continua lo stesso come presaga che è un modo di salvaguardare se stessa, la propria umanità e i propri affetti. In fondo la tecnologia non è tutto.  La storia si svolge nel 2022 dopo la pandemia di Covid  -19 superata, non dimenticata : «Ma abbiamo ancora freschi nella nostra mente i ricordi del virus, della peste, delle code infinite nei terminal degli aeroporti, delle mascherine, delle vie cittadine completamente vuote ». Pur considerando  i segni inequivocabili di disastri  ecologici  come alluvioni, tornado, incendi incontrollati, Tessa dice : «Dobbiamo ricordare di continuare a ripeterci che siamo ancora vivi». Le parole di Tessa  possono sembrare riduttive, ma credo che vadano contestualizzate nella  condizione di forte disagio,  descritta da De Lillo, in cui vengono meno i punti di riferimento su cui poggia la vita di ogni giorno. Lo sconvolgimento gnoseologico obbliga ad una reductio ad unum, all’essenziale, per andare  in qualche  modo avanti.  Altrimenti non resta che fissare inermi ed inerti come Max lo schermo nero. De Lillo si è ispirato al disagio del nostro tempo, tra pandemia e crisi climatiche, a cui ha aggiunto il blackout, che  noi tutti spesso temiamo. Ha  messo a nudo tutta la nostra debolezza e impotenza  per darci, come solo i grandi narratori sanno fare,  anche una soluzione, sia pure piccola. Non possiamo fare a meno della tecnologia, ma è nostra responsabilità mantenere viva la nostra umanità.

 

 

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