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INTERVISTA ALLA SCRITTRICE GIUSI RUSSO

La scrittrice Giusi Russo vive a Palermo dove svolge la professione di insegnante. Nel 2003 per le Edizioni Il Filo pubblica la raccolta poetica Il cielo nell’anima  e  nel 2016 per la Fondazione Mario Luzi Editore il  romanzo Chilometro 9 vincitore  del “Premio letterario Internazionale Mario Luzi” per la sezione romanzo inedito.  Nel 2017 il romanzo è finalista al Premio nazionale “Un libro per il cinema” e riceve la Menzione al merito nel Premio Internazionale Salvatore Quasimodo. Il libro ambientato in Sicilia racconta la vita di Salvina, una donna che ha trovato il suo riscatto nella maternità, mettendo al mondo undici figli. La sua storia è  ricostruita dalla figlia minore  nel momento in  cui un ictus  la priva della parola e della conoscenza. Ho conosciuto Giusi Russo durante la  presentazione del romanzo e dopo averlo letto l’ho intervistata.   

    

Come è avvenuto il passaggio dalla poesia alla narrativa?

Non si è trattato di un passaggio improvviso. D’altra parte dietro ogni cambiamento vi è sempre un lungo processo di elaborazione, un percorso tutto interiore, ancor prima che esteriore. Diceva Proust : “Il romanzo essenziale esiste già in ognuno di noi”.  Credo che  un certo andamento, per così dire, narrativo rinvenibile nel mio modo di verseggiare possa essere letto, oggi, come la spia rivelatrice di una vocazione incoercibile al romanzo. Vocazione che, tuttavia, non ha rinunciato del tutto alla poesia. Da qui il timbro lirico della mia scrittura narrativa. Due amori, dunque, che convergono.

Sei una scrittrice metodica e ordinata o il contrario?

Cerco di darmi una disciplina. Sono fermamente convinta che quello che romanticamente si chiama “dono del talento” debba tradursi in lavoro quotidiano. Solo così diventa fruttuoso. L’ispirazione non va attesa, ma cercata. Pervicacemente. I mezzi di questa incessante recerche sono due, a mio credere: lettura e solitudine. Bisogna che la Bellezza sia cercata nei grandi della letteratura e, nel contempo, dentro di noi.  La penna può diventare un pungolo vorace, se sappiamo da quali fonti attingere il suo inchiostro.

Quali consigli daresti ai giovani che vogliono diventare scrittori?

Suggerirei loro di credere in se stessi. Spesso di fronte al foglio bianco si indietreggia, impauriti. Ma non è la scrittura in sé che incute timore; è, piuttosto, ciò che essa ha il potere di penetrare e disvelare, cioè noi stessi. Siamo nudi dinanzi al biancore di quella pagina che ci attende. Fragili eppure forti, se lo vogliamo. Direi ai giovani che la scrittura è un potente mezzo di autoconoscenza, perché scrivere è infilarsi in un cuneo e sprofondare. La scrittura insegna a stare con se stessi, per dialogare con la parte abissale di sé. La scrittura insegna ad essere coraggiosi, perché occorre tanto coraggio per fare emergere l’indicibile che, spesso, abita la nostra anima.

Dal romanzo si evince che la maternità è un’esperienza fondamentale nella vita della donna. Questo vale per il personaggio o anche nella vita di oggi?

La maternità è innanzitutto una categoria dell’anima. Uno sguardo aperto alla vita e  la vita che sa farsi vaso accogliente. Intendo dire che  ogni donna è madre, anche in assenza di figli. Credo che oggi la donna, per scelta, possa anche decidere di non mettere al mondo dei figli, mentre  ineludibile rimane  la sua attitudine a creare, a custodire. Voglio dire: la via della maternità è sempre preziosa, ma molteplici sono i modi con cui le donne possono decidere di  percorrerla.

Lo spazio della memoria nella vita

Cosa siamo senza memoria? Realtà senza consistenza. Ce lo hanno insegnato i poeti, i filosofi. Il recupero memoriale non è mai ozioso né senza significato. Perché il passato, che lo vogliamo o no, ci definisce; fa di noi ciò che siamo oggi. Un uomo senza memoria è come un sonnambulo nella notte, senza luce né direzione. La giovinezza degli uomini è una ricca vecchiaia, parafrasando  Pavese.

La letteratura e la vita

Be’, io insegno letteratura, mi nutro di essa. Sono alunna (in senso etimologico) di tanti autori che hanno accompagnato la mia crescita personale e culturale.  Poeti, scrittori verso i quali conservo un grande debito di riconoscenza. Amici che, senza saperlo, mi hanno fatto del bene. Trovo che avere accesso alla letteratura sia dono e privilegio. Per questo trovo entusiasmante consegnare il mio sapere ai ragazzi, perché mi dà una possibilità: fare in modo che la  Bellezza ( la stessa di cui parlavo prima) diventi bene condiviso e preziosa opportunità per tutti loro.

Concorsi, premi e scrittura. La tua esperienza.

La mia esperienza è assolutamente positiva. Con il mio romanzo intitolato “Chilometro 9” ho vinto il Premio letterario internazionale Mario Luzi 2016. L’anno successivo lo stesso romanzo è risultato finalista al Premio nazionale “Un libro per il cinema” e, qualche mese dopo, ha avuto la Menzione al merito Premio Internazionale Salvatore Quasimodo. Un bilancio, dunque, positivo, fin qui. È una strada, quella dei concorsi letterari, che va percorsa, a mio avviso. Per mettersi alla prova, per attingere nuovi stimoli e, perchè no, per arricchire il proprio curriculum , condizione essenziale, questa, se si vuole perseverare lungo la strada, difficile e  non poco insidiosa, della scrittura letteraria.

(Gabriella Maggio)

 

 

 

 

 

 

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