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LE SERVE DI J. GENET AL BIONDO DI PALERMO

le serve

Le serve, secondo spettacolo della stagione di prosa palermitana, sono andate in scena  il 25 novembre al Teatro Biondo. Il titolo  originale dell’atto unico è  Les bonnes, ed è considerato il capolavoro teatrale di Jean Genet. La storia  trae spunto da  un efferato fatto di cronaca nera  accaduto nel 1933 a Le Mans dove le sorelle Papin, a servizio in una casa borghese, maturarono un feroce odio verso la padrona e la  uccisero insieme alla figlia. Scritte nel ’46, Le serve,  vennero  rappresentate per la prima volta a Parigi nel 1947. Nel testo menzogna e verità, illusione scenica e realtà  ambiguamente s’intrecciano  attraverso la tecnica del teatro nel teatro. J. P. Sartre considerava Les Bonnes  “uno straordinario esempio di continuo ribaltamento fra essere e apparire, fra immaginario e realtà”. Vi si colgono anche dotte allusioni a M. Proust come l’infuso di tiglio e le gocce di Gardenal, e reminiscenze  classiche che rendono la pièce una  moderna tragedia per il recupero dell’unità di luogo e di tempo e il confronto /contrasto col sacro rappresentato da Madame (quanto è bella, quanto è buona, quanto è dolce) e dal suo santuario, la camera con il  letto  rialzato come un altare, l’armadio con  vestiti sontuosi, come paramenti sacri e i gioielli, oggetti del rituale mondano che Madame officia con puntuale  zelo. Le due sorelle, Claire e Solange, serve di Madame, durante la sua assenza impersonano rispettivamente Madame e la serva dando vita a un gioco in cui l’identità si sdoppia rivelando l’ambivalenza di sentimenti di attrazione e repulsione, nella quale  si individuano  risentimento, invidia, rivalità, erotismo che si concretizzano in simboli, che operano il corto circuito tra finzione e realtà. Poco convincente appare l’interpretazione sociologica  dell’atteggiamento delle serve verso la padrona  come lotta di classe. Sul palcoscenico la tensione cresce fino al delitto che non si compie su Madame. Le  lettere anonime che le serve hanno scritto per accusare  l’amante di Madame, risultano inefficaci, perché contengono accuse  infondate,  pertanto l’amante, prima imprigionato,  viene liberato suscitando la costernazione delle serve; la tisana di tiglio avvelenata offerta più volte a Madame è alla fine bevuta da Claire, che ormai si è completamente identificata con lei. Solange l’istigatrice è alla fine consapevole dell’imminente suo arresto. La ricerca dell’autore sulle origini del male rimane frustrata, molteplici sono infatti le cause  e sempre intrecciate  con quello che sembra bene, ma in fondo non lo è. Tutto è marcio sotto la copertura di belle parole o preziose suppellettili. Allo scrittore non resta che svelarlo, senza possibilità di correggerlo. Buona l’interpretazione dei ruoli delle serve  rispettivamente Anna Bonaiuto, Solange, Manuela Mandracchia, Claire; senza sfaccettature, monocroma, la Madame di Vanessa Gravina. Interessante la regia di Giovanni Anfuso che ha dato del testo di Genet una lettura in chiave  di favola nera, ben coadiuvata dalle scene di Alessandro Chiti  con le gigantografie di Madame,  che incombono dalle pareti della stanza, e che poi fondendosi danno l’immagine del bosco, luogo chiave delle favole. In sintonia le luci di Umile Vainieri, le musiche di Paolo Daniele e i costumi di Lucia Mariani.(Gabriella Maggio)

 

 

 

 

 

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